mercoledì, novembre 22, 2006
Perché.
Perché poprio lo scrivere?
Perché tra tante attività, come mangiare una caramella alla frutta tutta gommosa, succosa e zuccherina, o leggersi una barzelletta, darsi la crema profumata al tè verde, truccarsi perfettamente o farsi invadere da un bignè al cioccolato, mi viene in mente proprio lo scrivere quando penso ad un piccolo godimento privato che riallieti il pomeriggio?
Come la chiamo quella sensazione di precisione, stupore, musicalità, gioco e godimento che provo quando posso finalmente prendere possesso della mia tastiera, senza doverla prostituire con scritti tecnici, formali, dovuti o altro?
O anche quando la mia mano stringe la penna, con una posa poco diversa da quella che avevo da bambina, e affronta il foglio facendolo suo per poi allontanarlo da sè il prima possibile, che i miei occhi non rileggano cosa è uscito da me.
Scrivere, infatti, ma non rileggere, neanche nei temi a scuola lo facevo.
Forse mi vergogno o, peggio e sicuramente, non mi riconosco.
Forse è lì il mio perché: lo scrivere che mi toglie di dosso il peso leggero del mio io. Che rimanga seduto su quella sedia, lui, con le braccia sula tastiera e la testa china, mentre finalmente posso volare dentro e fuori di me, dove veramente sarei se non fossi qui, a questa scrivania in un ufficio senza finestre.
Altro che caramelle fruttose e zuccherine.
Come direbbe un mio amico, uomo di mondo, è un trip.

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